
La potenza emotiva che scorre tra quei rintocchi di batteria, quelle melodie ondulanti, quelle filastrocche disperate, mi scava un buco dentro. Nella prima parte brillano le esplosioni emotive, quadri di malinconia vera e vissuta, poi la decadenza prende il sopravvento, trascinando verso la rabbia, e la perdita di controllo. Momenti che con oscura calma si caricano come una molla, per poi sputare di colpo, senza possibilità di riprendere ciò che si è gettato via. C'è la perversione vocale di Julie Christmas, una delle poche voci femminili in grado di farmi venire i brividi, c'è la perversione psichica dei Neurosis di A Sun That Never Sets, il tutto fuso in un unico corpo. Scosse elettriche e convulsioni isteriche , in un universo rallentato, sfocato, sfasato. Inquietante per la sua capacità di essere tangibile, e incredibilmente vicino, fino a fondersi con le paranoie interiori.
E la dolcezza che appare in alcuni momenti, è un abile mezzo per far percepire il suo crollo con un fragore ancora maggiore. Guardarsi allo specchio e non vedere nulla.
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