
E' riduttivo scrivere qualcosa sull'evento di ieri sera. E' stata un'esperienza talmente personale e intima che è davvero difficile esprimere ciò che ho provato. E' stato come riappropriarsi di qualcosa che mi appartiene; emozioni sincere, che quasi consideravo perdute. Non immaginavo che gli Anathema sarebbero stati in grado di aprirmi il cuore in maniera così devastante. Sono passati quasi 10 anni, dal mio primo incontro. Judgment. Un disco che mi travolse. E che, come pochi altri, sentii mio. La mia passione per la loro musica ha seguito un percorso fatto di alti e bassi, in questi anni. E due concerti come spalla ai Porcupine Tree (il primo dei quali, nel 2005, particolarmente bello), pur emozionandomi, non mi erano entrati sotto pelle. Ma ieri l'atmosfera magica, fuori dal tempo, che si è venuta a creare, ha avuto la capacità di trasportarmi a 10 anni fa. Ingenuità, tanta rabbia e disillusione, una malinconia strisciante ma anche una continua speranza. Fin dalle note introduttive di Parissienne Moonlight, che ha accompagnato l'ingresso della band, si poteva percepire quel che sarebbe accaduto dopo. Una versione rabbiosa di Deep, e poi via via lungo il cammino che ha toccato ogni album. Un caleidoscopio emotivo che per due ore abbondanti, in maniera ininterrotta, ha dimostrato la grande forma della band, e, soprattutto, la magnifica prova vocale di Vincent, che conferma il miglioramento tecnico e interpretativo che si era percepito un anno fa. E vecchi gioielli hanno ripreso a brillare, sotto la luce di una poetica più sincera e meno teatrale. Pezzi come Far Away e Angelica hanno stupito per il calore, e ottimamente si sono sposati a nuove creazioni come le stupende Angels Walk Among Us e A Simple Mistake (conosciute in occasione del concerto di un anno fa), che lasciano presagire un nuovo bellissimo disco, che sembra non vedere mai la luce. Ma nell'attesa non posso dirmi deluso da questa carrellata, che ha raggiunto picchi emotivi elevatissimi, grazie anche a reinterpretazioni da brividi (su tutte l'immortale One Last Goodbye in versione piano e voce, durante la quale Vincent è apparso particolarmente emozionato). Ogni canzone sarebbe da segnalare per ciò che è riuscita a trasmettere, ma quello che si è visto con Are you There? in versione "drakiana", suonata dal solo Danny che chiedeva al pubblico di non battere le mani, è una cosa rara nel panorama musicale attuale. Emozioni, nient'altro. Nessun effetto speciale, nessuna incredibile novità, nessun virtuosismo, nessuna strepitosa capacità di improvvisazione. Emozioni. La maestosa versione di Anyone, Anywhere, che alterna momenti acustici a devastanti passaggi doom, è stata una delle anime del concerto di ieri sera, che si è spinto anche verso momenti di rock trascinante (Empty, Judgment che si trasforma in Panic), e ha stupito tutti con versioni moderne di classici del metal sepolcrale come A Dying Wish (con, nell'intermezzo, citazione di Another Brick in the Wall) e Sleepless. Il piano di Shroud of Flase, la bellezza dell'acustica Regret o della drammatica Lost Control, il climax del nuovo pezzo strumentale, dal sapore chiaramente post-rock...un uragano. Un uragano che è esploso definitivamente quando il calorosissimo pubblico ha cantato Flying, in un unico, infinito, coro di speranza.
La musica è questo, un uragano che ti esplode dentro. Solo questo.
Nessun commento:
Posta un commento