martedì, dicembre 23, 2008

Opeth - Watershed


Gli Opeth tornano sulle scene dopo un vero e proprio terremoto interno. Il batterista Martin Lopez ha abbandonato la band lasciando il posto al bravo, ma molto meno "caldo" Martin Axenrot. Anche Peter Lindgren non c'è più, al suo posto il virtuoso Fredrik Akesson. Per molti fans c'è il rischio che la band abbandoni quel caldissimo suono d'ispirazione prog per gettarsi a capofitto nel prog-metal ultratecnico. E in effetti il gruppo svedese abbandona le atmosfere crepuscolari, facendo respirare un'aria diversa, più epica e pomposa. Il tastierista Per Wiberg si conferma fondamentale nel mantenere il suono caldo e avvolgente, con i suoi spunti sottilmente psichedelici, ma forse non basta. Il disco si dimostra un'opera riuscita a metà, a cavallo tra due pulsioni. Alcuni lo definirebbero un disco di transizione, altri l'inizio della fine. E' certo che dopo tanti anni al vertice, con un paio di capolavori che hanno davvero sconvolto il mondo del metal (e non solo) non si può accusare Akerfeldt (che doveva tra l'altro ricostruire il gruppo) di aver perso l'ispirazione. Se tutti i gruppi che hanno perso l'ispirazione suonassero così....
Si parte con Coil, canzone avviata da un bell'arpeggio, ma appesantita da una melodia vocale davvero insignificante. Il pezzo scorre ma non lascia il segno, e quando arriva la voce femminile si cade nel gotic-metal dozzinale. Decisamente trascurabile.Con Heir Apparent, invece, i nostri orecchi si spalancano. Potente e intricata, brilla per violenza assassina (bellissima l'accelerazione death metal, una cosa che mancava nella loro musica). Una classica canzone Opeth anche se l'atmosfera che si respira è molto lontana da gli affascinanti e romantici quadri dei dischi passati, che parlavano di boschi e nebbia. E' il primo esempio di quello che possiamo definire prog metal, in quanto l'atmosfera che si respira è incredibilmente epica e grandiosa, più che intima come in passato. Questo è un pò stemperato dagli ottimi spunti tastieristici, che rendono le melodie meno spigolose e compresse. Il lavoro di Wiberg si dimostra la marcia in più del disco, in quanto il suo apporto risulta senza dubbio la cosa più originale dell'opera (sviluppando un discorso intrapreso e accennato nel disco precedente). Si prosegue con The Lotus Eater,bella novità con un incredibile groove. Proprio l'energia di questo pezzo lo rendono sempre interessante. Non avrà la forza dirompente della parte finale di Ghost of Perdition (per certi versi affine) ma è un ottimo brano con rallentamenti improvvisi e accelerazioni che formano muri di suono (bellissimi certi momenti con doppia cassa e accordi di chitarra distorta). Ottimo lo stacco melodico verso metà. Ad un certo punto c'è una parte ritmata che richiama direttamente i Dream Theater, e per molti fans risulterà davvero fuori luogo (nonostante sia comunque divertente). E' una canzone comunque originale che sembra indicare una nuova strada per la band...vedremo se è solo un esperimentooppure la base per uno stile da affinare in futuro. Burden è il classico lentone epico. Molto epico. Forse troppo epico. Le melodie sono piacevoli (nonostante l'inizio di piano non brilli per originalità...basti ascoltare l'intro di The Loom dei Bark Psychosis) ma inserite in una struttura quadrata e precisa, con tanto di assolo settantiano proprio dove te lo aspetteresti. Non fa quindi gridare al miracolo, ma risulta comunque una bella canzone. Il finale (prima della parte scordata, davvero interessante ) è una rilettura in chiave "prog-metal" dei King Crimson. Non c'è quell'intimità di altri lentoni della band. Ma in generale, in tutto il disco non c'è tale intimità.Porcelain Heart è una sorta di nuova The Grand Conjuration (che però era meno riuscita, senza dubbio). C'è un bel riff immediato che entra subito nella testa dell'ascoltatore (anche questo caratterizzato da un'atmosfera molto epica e grandiosa), poi c'è spazio per i classici stacchi soft...insomma tutte le caratteristiche della band anche se spogliate della classica poetica. Sarà il modo di cantare di Mikael,che sembra un pò troppo impostato, sarà l'atmosfera molto pomposa, sarà la struttura poco scorrevole ai limiti del copia-incolla...comunque sia...questa sembra una canzone costruita. Fredda e poco affascinante (nonostante alcuni ottimi spunti di tastiera e un bel fraseggio ciclico-ipnotico di chitarra), è un pezzo davvero trascurabile che fa venire il dubbio che Mikael si sia un pò adagiato sugli allori componendo musica di mestiere, senza anima.Ma poco dopo il livello si alza, con Hessian Peel, che sembra approfondire ed elaborare certi spunti soul dei vocalizzi del disco precedente. Questa canzone risulta calda e poetica, anche se nel finale, con una valanga di riff ipercomplessi, risulta un pò stucchevole. Non sono evidenti picchi e passaggi memorabili, ma è una canzone interessante. I passaggi sinfonici sono l'ennesimo esempio di prog metal e riportano l'atmosfera verso lidi maggiormente epici (mentre in molti passaggi c'è un'atmosfera "campestre" e intima per certi versi avvicinabile agli anni 70). Curioso il riavvolgimento della voce. Meno bello l'assolo a mille all'ora (anche se non è brutto, sia chiaro...però per gli standard degli Opeth, che con i loro assoli sempre particolarissimi si dimostravano davvero unici, è un pò una caduta). Hex Omega è una lettura psichedelica e doom della musica degli Opeth, e si dimostra davvero originale ed interessante. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una canzone complessa che alterna varie anime in continuazione, ma questa volta il tutto scorre molto fluido e affascinante. L'atmosfera è avvolgente, e tornano alla mente le migliori composizioni della band.
Una perla finale che eleva il livello di un disco altrimenti troppo incostante, che rischia di cadere da un momento all'altro nel mare delle banalità, ben lontano dai poetici e affascinanti lavori precedenti. Forse non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio passo falso, ma solo ad un disco di transizione, cosa per altro comprensibile visti i notevoli cambiamenti in seno alla band. Il disco in definitiva risulta bello e avvincente, ma certe cadute madornali, rarissime nella carriera della band, fanno davvero storcere il naso (considerando soprattutto lo standard dei lavori del gruppo)
Vedremo ciò che ci riserverà il futuro.

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