mercoledì, febbraio 24, 2010

New Millennium: my 2006

Battle of Mice - A Day of Nights.
A Day of Nights (side project di Josh Graham dei Neurosis e Julie Christmas dei Made Out of Babies) è un piccolo capolavoro passato incredibilmente inosservato. In 43 minuti ci sono echi di Swans, Neurosis, Bjork, Babes in Toyland, ma soprattutto tanta personalità e una capacità espressiva fuori dal comune.
La potenza emotiva che scorre tra quei rintocchi di batteria, quelle melodie ondulanti, quelle filastrocche disperate, mi scava un buco dentro. Nella prima parte brillano le esplosioni emotive, quadri di malinconia vera e vissuta, poi la decadenza prende il sopravvento, trascinando verso la rabbia, e la perdita di controllo. Momenti che con oscura calma si caricano come una molla, per poi sputare di colpo, senza possibilità di riprendere ciò che si è gettato via. C'è la perversione vocale di Julie Christmas, una delle poche voci femminili in grado di farmi venire i brividi, c'è la perversione psichica dei Neurosis di A Sun That Never Sets, il tutto fuso in un unico corpo. Scosse elettriche e convulsioni isteriche , in un universo rallentato, sfocato, sfasato. Inquietante per la sua capacità di essere tangibile, e incredibilmente vicino, fino a fondersi con le paranoie interiori.
E la dolcezza che appare in alcuni momenti, è un abile mezzo per far percepire il suo crollo con un fragore ancora maggiore. Guardarsi allo specchio e non vedere nulla.
Tenhi - Airut: Aamujen.
Affascinante disco di folk notturno. Chitarre acustiche, pianoforte, e una voce profondissima che canta in finlandese. Più atmosferico e strumentale di Maaaet, altro bel disco della stessa band uscito nel 2006, questo Airut: Aamujen ha il suo punto di forza nelle bellissime melodie di pianoforte.




Sunn O))) & Boris - Altar.
Boris e Sunn O))) significano noise e sperimentazione. E il risultato è proprio quello, con sferragliate chitarristiche e droni ipnotici, con alcuni passaggi psichedelici (da notare la presenza di Kim Thayil dei Soundgarden). Sghembo e rumoroso, è un vulcano di suoni.




Om - Conference of the Birds.
Riff ipnotici ripetuti all'infinito, percussioni tribali, voce bisbigliata. Sono soltanto in due (basso e batteria) ma riescono a creare atmosfere dilatatissime, visionarie e oniriche. Ex membri degli Sleep (storica band doom psichedelica) e si sente quando attaccano il distorsore che ti trasporta davvero in un'altra dimensione. Psichedelia molto mistica, pesante e ossessiva, che ricorda molto i Pink Floyd di Pompei e Ummagumma.

Kayo Dot - Dowsing Anemone with Copper Tongue.
Tempi lentissimi, quasi lunghe sospensioni al di sopra del rumore, e le voci contorte, stranianti e viscerali, ribaltano la lezione dei Khanate, trasformando il nero in bianco, la claustrofobia in pace, il senso di ruggine tra i denti in neve gelida da stringere tra le mani. Ma nel capolavoro della band di Boston c'è anche molto altro. Ci sono dolci momenti in bilico tra il malinconico Jeff Buckley e il tenebroso Martin Grech, ci sono progressioni post-rock e musica classica, c'è un senso per il rumorismo decisamente fuori dal comune, spesso con un tocco minimalista (nonostante l'incredibile cura per ogni strumento) che rende sincera ogni nota, ogni rumore, ogni parola. Ci sono soprattutto melodie ricche di calore, nascoste tra esperimenti di avanguardia talmente eccezionali da risultare leggeri. Il tempo perde il suo significato, per diventare fascio di luce, e lasciarsi avvolgere è necessario, fino a perdersi tra le onde fluttuanti, spesso estenuanti, di un'opera che negli anni 70 sarebbe stata chiamata rock progressivo, proprio per la sua capacità di abbattere ogni convenzione, con l'unico obiettivo di squarciare l'anima.
Red Sparowes - Every Red Heart Shines Toward the Red Sky.
Più personali rispetto al disco d’esordio, i Red Sparowes compongono un bellissimo disco post rock, liquido e psichedelico, in continua trasformazione. Emotivamente toccante, risulta una delle creature più convincenti all’interno del genere, anche grazie al tocco psichedelico progressivo.



The Gathering - Home.
Ultimo disco dei The Gathering con Anneke alla voce. Il canto del cigno è l’ennesimo dipinto crepuscolare, arricchito con qualche passaggio elettronico, ma soprattutto con un calibratissimo rock malinconico. Non ai livelli di alcuni dischi precedenti, ma decisamente riuscito.




Isis - In the Absence of Truth.
Melodico, emotivamente intenso, nel suo avvicinarsi tanto al post rock quanto ai Tool. Non ai livelli dei suoi immensi predecessori, ma è un disco davvero emozionante.




Vanessa Van Basten - La Stanza di Swedenborg.
Con la sua commistione di drone e post rock, La Stanza di Swedenborg si dimostra un’interessantissima deriva psichedelica dello shoegaze. Malinconico ma anche sognante, è un emozionante affresco della musica sperimentale italiana. Tra l’altro in anticipo (e con risultati migliori) rispetto a Jesu e Alcest, che nell’anno successivo svilupperanno, anche se con sensibilità diversa, un percorso simile.


Converge - No Heroes.
Una bella mazzata nei denti. Meno metal del capolavoro Jane Doe, ma più coinvolgente del precedente You Fail Me, questo è un disco che fa capire cosa significa fare hardcore senza suonare hardcore (o meglio, non limitandosi a suonare hardcore). Ha l'immediatezza del punk e la violenza del death, risultando veloce e incazzato come pochi.



Callisto - Noir.
Le atmosfere che questo disco riesce a creare sono intense, malinconiche. I Callisto sondano territori post rock con una mentalità profondamente metal (gotica?!) e questo li rende diversi da tanti altri, oltre che capaci di emozionare profondamente.




Red Sparowes - Oh Lord, God of Vengeance, Show Yourself!
Più grezzo e rumoroso dei dischi in studio, questo live coglie i Red Sparowes all'apice della creatività, e si dimostra un bellissimo e imperdibile lavoro.





Xasthur - Subliminal Genocide.
Black metal dissonante e acido, che a tratti ricorda il funeral doom più sepolcrale. Agghiacciante e spaventoso.






Thom Yorke - The Eraser.
Ancora più intimo dei dischi dei Radiohead, in questo progetto solista Yorke si diverte con arrangiamenti elettronici basilari e poco rifiniti, ma decisamente adatti al mood malinconico del disco. Con qualche momento di calo, ma anche con picchi molto elevati, The Eraser si dimostra un ottimo lavoro, e piacevolissimo antipasto al capolavoro In Rainbows.



Katatonia - The Great Cold Distance.
Le chitarre sono più compresse, il ritmo più incalzante. La via è quella del metal crepuscolare di Viva Emptiness, ma suoni sono sempre più quadrati, le canzoni sempre più basate sui riff, e l’influeza dei Tool è sempre più evidente. Un disco emozionante con le sue atmosfere glaciali, che, nonostante qualche calo in alcune melodie vocali, si dimostra l’ennesima conferma per la band svedese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perche non:)